Lo strano caso dei prelievi coatti e TSO

Il trattamento sanitario obbligatorio è un intervento caratterizzato da motivata necessità ed urgenza. Deve essere disposto dal Sindaco del comune in cui il soggetto si trova e in presenza di due certificazioni mediche motivate, una delle quali appartenenti al servizio pubblico (solitamente Psichiatria della ASL). 

Trattasi di un provvedimento da utilizzare con cautela e con cognizione di causa in quanto rappresenta una privazione della libertà del cittadino. 

Ergo, come si concilia tutto questo con l’uso e l’abuso che ne viene fatto – sulla pelle di minori e madri – nell’occasione dei prelievi coatti eseguiti in nome del diritto del minore alla bi-genitorialità?

Voglio essere più chiara: com’è possibile che a delle persone sane e non in pericolo venga praticato un intervento riservato a situazioni straordinarie (crollo psicotico, minaccia di suicidio, crisi di astinenza) e gravi? 

Se, tra chi legge, c’è chi non ha ancora visto (o non sa) un video su quello che succede (in casa, a scuola, addirittura in ospedale) lo/a invito a farlo; deve solo andare su youtube e digitare. 

Sentirete le urla strazianti e disperate di poveri innocenti che vengono portati via come se – anzi peggio – fossero dei pericolosi terroristi di hamas (o nostrani mafiosi) da agenti in borghese con la pistola; agenti in divisa; assistenti sociali; personale sanitario delle ambulanze. 

Stesso discorso per le madri (qualcuna è stata anche ammanettata e denunciata), nonni e conoscenti che cercano di opporsi o anche solo tranquillizzare il minore riguardo a quello che sta succedendo. 

Pensate un po’, almeno una decina di adulti che prelevano con violenza (magari dopo avere sfondato le porte di casa) un minore “strappandolo” alla propria vita (affetti, amicizie, sport, interessi) per consegnarlo ad una struttura (magari una di quelle nate ad hoc), isolandolo completamente dal suo presente. 

 Tutto questo per garantire al “fortunato” il diritto a non perdere la relazione con il genitore da lui rifiutato. 

Per il sistema deputato ad occuparsi del suo benessere, quel rifiuto è immotivato, anzi è frutto di una manipolazione da parte dell’altro genitore. 

Sempre.

In casa famiglia, il minore dovrà avviare un percorso di riavvicinamento al genitore rifiutato attraverso la privazione di tutto ciò che lo possa impedire. 

Lo chiamano reset, un termine che si usa con i computer. 

In questo ribaltamento della realtà, non è all’adulto che si chiede di intraprendere un percorso di crescita – personale e genitoriale – al fine di acquisire nuove competenze e nuovi strumenti in grado di ricucire una relazione sfilacciata. 

Certo che no, dovrà essere il minore a perdere tutto in modo da riuscire a 

ri-apprezzare il poco.    

Nel frattempo che la “scheda madre” del minore venga ripulita dai dati “nocivi”, lo stesso sviluppa sintomi importanti in seguito all’internamento forzato e per questo sottoposto a farmacologia psichiatrica. 

Trattenuti contro la loro volontà; isolati da tutto e da tutte le figure di riferimento; psichiatrizzati. A questi bambini vengono negati i più elementari diritti: 

  • vivere con il genitore accudente; 
  • la certezza e sicurezza delle mura domestiche; 
  • la certezza della quotidianità e di una vita sociale. 

Vogliamo ancora tollerare questo abominio?

#figli strappati #madristrappate #paterfamilias #violenzaistituzionale #prelievicoatti  #abolizionelegge54 #farerete #nonstaremozitte  

Pieranna Pischedda, Psicologa                           

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