Molestie sul lavoro e l’ennesima spia del disagio maschile.

Secondo i dati ISTAT relativi al biennio 2022-23, l’81,6% dei 2 milioni e 322mila che hanno subìto molestie sul posto di lavoro, sono donne (15-70 anni).

A questa già poco onorevole cifra dobbiamo poi aggiungere quelle che hanno subito ricatti sessuali (298.000).

Cifre spaventose.

Ma dove sono andati a finire i principi azzurri di una volta?

Probabilmente non ci sono mai stati, mentre queste questa misera tipologia di uomini, che operano indisturbati quotidianamente, sembra non conoscere nessuna decrescita o crisi di denatalità.

Dati sconfortanti a dir poco, ma non sono una sorpresa anzi.

Tutto dannatamente scontato.

Più volte in questo Blog abbiamo dedicato le nostre riflessioni (che Vi invito a leggere) alla sessualità maschile – sottolineando puntualmente – quanto urgente fosse affrontare pubblicamente, TUTTI, la questione.

Di come la stessa sia direttamente legata alla quasi totalità dei reati sessuali e di genere.

Di come la stessa sia generatrice della piaga sociale UNIVERSALE della prostituzione in tutte le sue forme, a sua volta fonte primaria di una serie di reati gravissimi (tratta di esseri umani, sfruttamento di donne e bambini, violenze, rapimenti, riduzione in schiavitù, pedofilia).

Eppure, la maggior parte dell’opinione pubblica – e degli uomini in particolare – non sembra consapevole di tutto ciò; nessuno sembra farsene carico; nessuno sembra interessato ad aprire un dibattito al riguardo.

Come se tutto questo marciume e miseria morale fosse normale (oserei dire fisiologico);

Come se le vittime (milioni nel mondo) non fossero esseri umani (magari clonati in qualche laboratorio) con pari diritti;

Come se i crimini che si compiono giornalmente in tal senso e ne fanno uno dei business principali delle organizzazioni criminali, non si perpetrassero a causa e per soddisfare una sessualità predatoria e immatura che necessita di essere esercitata tramite coercizione.

Una sessualità incapace di accettare il previo consenso dell’altro/a ma, soprattutto, incapace di riconoscere il diritto dell’altro al piacere.

Non sarebbe ora di parlarne (d’altronde, l’andazzo va avanti solamente da migliaia di anni)?

O vogliamo continuare ad abusare, torturare, distruggere vite innocenti perché non si è in grado (o si ha paura) di mettersi in discussione e/o decidersi a crescere?

PierAnna Pischedda, Psicologa.

                       

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