Gli ordini di protezione contro gli abusi familiari sono quei provvedimenti che il giudice civile, su istanza di parte, adotta con decreto per ordinare la cessazione della condotta del coniuge o di altro convivente che sia “causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente” (art. 342 bis c.c.).
La Legge 4 aprile 2001, n. 154 ha introdotto nel codice civilegli artt. 342 bis e ter, e nel codice di procedura civile l’art. 736 bis.
Alla base dei provvedimenti ex art. 342 ter, c.c. vi sono due distinte circostanze:
- la convivenza;
- una condotta gravemente pregiudizievole all’integrità fisica.
L’applicazione delle misure di protezione presuppone che la vittima ed il soggetto cui viene addebitato il comportamento violento vivano all’interno della medesima casa, in quanto l’art. 5 della L. 154/2001 fa esclusivo riferimento al nucleo costituito dai familiari conviventi, giacché gli ordini di protezione hanno la funzione di interrompere situazioni di convivenza turbata e di impedire il protrarsi di comportamenti violenti in ambito domestico.
Il presupposto per la concessione dell’ordine di protezione non è rappresentato, in sé, dalla condotta del convivente nei cui confronti si richiedono le misure di protezione, bensì dall’esistenza di un pregiudizio grave all’integrità fisica, “morale”vii o alla “libertà personale” patito dal familiare convivente, imputabile (questo sì) in termini causali alla condotta dell’altro (esistenza di fatti violenti, vulnus alla dignità dell’individuo)
Autore delle condotte pregiudizievoli può essere sia un coniuge nei confronti
dell’altro , il genitore verso i figli, questi ultimi verso i genitori
Gli ordini di protezione richiedono l’istanza della vittima, che può essere proposta anche dalla parte personalmente, con ricorso al tribunale del luogo di propria residenza o domicilio, che, in genere, provvede in camera di consiglio in composizione monocratica.
Il giudice a cui è affidata la trattazione del ricorso sente le parti e procede ad istruire la causa nel modo che ritiene più opportuno.
Il giudice provvede con decreto motivato immediatamente esecutivo.
Contro il decreto con cui il giudice adotta l’ordine di protezione o rigetta il ricorso, o conferma, modifica o revoca l’ordine precedentemente adottato, è ammesso reclamo al tribunale entro dieci giorni dalla comunicazione o della notifica del decreto, ai sensi dell’art. 739, comma II, c.p.c..
Il reclamo non sospende l’esecutività dell’ordine di protezione.
Il tribunale provvede in camera di consiglio, in composizione collegiale, sentite le parti, con decreto motivato non impugnabile, nemmeno per cassazione, giacché detto decreto difetta dei requisiti della decisorietà e della definitività.
Con il decreto di cui all’articolo 342 bis, c.c., il giudice ordina al convivente reo della condotta pregiudizievole, la cessazione della condotta e ne dispone l’allontanamento dalla casa familiare.
Quali provvedimenti accessori, il Giudice, ove occorra, può:
- prescrivere all’autore della condotta di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima;
- chiedere l’intervento dei servizi sociali, di un centro di mediazione familiare o di associazioni per il sostegno e l’accoglienza di donne, minori o di vittime di abusi e maltrattamenti;
- disporre il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto dell’allontanamento dalla casa familiare del reo, rimangono prive di mezzi adeguati, fissando modalità e termini di versamento e stabilendo, se necessario, il versamento della somma all’avente diritto da parte del datore di lavoro dell’obbligato, detraendola dalla retribuzione allo stesso spettante.
Il decreto stabilisce anche la durata dell’ordine di protezione, che decorre dal giorno dell’avvenuta esecuzione dello stesso, e che non può essere superiore a un anno e può essere prorogata, su istanza di parte, soltanto se ricorrano gravi motivi per il tempo strettamente necessario.