Il piacere maschile questo sconosciuto (2)

Prendo spunto dalla notizia che il Sudan, ha messo (finalmente) al bando l’orrore delle mutilazioni genitali femminili per parlare del piacere maschile.

In breve, detta pratica,che può essere parziale o totale, riguarda l’asportazione delle labbra interne, delle labbra esterne e del clitoride.

Tale atto criminale viene motivato come volto a garantire “l’onore della famiglia e le prospettive nel matrimonio” (F. Mancuso, 2 maggio 2020).

Non voglio soffermarmi sulle (gravi) conseguenze mediche (infezioni, infertilità, complicazioni durante il parto), intendo invece parlare delle conseguenze sul piacere sessuale femminile, che viene praticamente cancellato e di un atto sessuale che assume –da quel momento – la connotazione di dolore.

E veniamo al punto.

L’intento (trito e ritrito), è quello di eliminare alla radice, qualsiasi “fremito di indipendenza” (e il piacere lo è) che potrebbe sfuggire al controllo dell’uomo. Con la mutilazione dei genitalila donna, di fatto, perde lo status di soggetto e diventa un mero oggetto/strumento: dipiacere (ma non il suo) e di procreazione.

A questo punto si aprirebbero praterie di discussione, che richiederebbe ben altro che un misero articolo come questo. Ma voglio ugualmente dare il mio (piccolo) contributo con una riflessione e domanda finale.

In realtà, detta, aberrante, pratica, è solo una delle tante versioni (probabilmente la più esasperata e cruenta), messe in atto, nei confronti della libertà e dell’autodeterminazione del genere femminile, nel corso dei secoli. Se andiamo indietro negli anni potremmo facilmente rintracciare amenità di questo genere anche nelle nostre società “progressiste” e occidentali. La prima che mi viene in mente, ad esempio, è quell’umiliante esibizione (in voga fino a qualche decennio fa) delle lenzuola macchiate di sangue dopo la prima notte di nozze, a certificare l’illibatezza perduta della sposa e quindi l’onore (salvo) del consorte e della famiglia.

Il fattore, comune denominatore, di queste belle imprese è dovuto allo status sociale, legale e culturale della donna, intesacomeproprietà di un uomo (del padre, di un fratello, prima, di un marito e della famiglia di lui, dopo). Proprietà, che non ha diritto a spazi di autonomia e indipendenza (se non concessi dal proprietario di turno) tantomeno quelli, “incontrollabili”, del piacere sessuale.

Qui sotto, alcuni dei dettami“storici” (alcuni perdurano) imposti alle donne, che determinavano il loro essere “perbene” o no agli occhi dell’uomo e, in seconda battuta, della comunità:

  • non puoi essere esperta nell’arte amorosa;
  • non puoi provare piacere al di fuori dell’atto sessuale tantomeno avere fantasie che esulano dallo stesso;
  • puoi desiderare ma non troppo, non sta bene e fa pensare che ti piace l’atto in sé stesso;
  • non puoi chiedere e/o pretendere il piacere, è privilegio/competenza dell’uomo (non vogliamo mica fargli venire l’ansia da prestazione);
  • devi attenerti ai tempi dell’uomo (nel caso, si consiglia di fingere);
  • devi accettare il dolore causato da un rapporto privo di piacere, il tuo piacere non è un diritto, anzi;

A questo punto del discorso, la domanda (anzi due) sorge spontanea:

  1. Esattamente, in cosa consisterebbe il piacere maschile eterosessuale, dal momento che la partner – rispetto alle caratteristiche richieste – dovrebbe assomigliare più ad una bambola inanimata che a un essere umano?

E, come dovrebbe esplicitarsi, per gli stessi, il piacere femminile (fermo restando che che le donne ne abbiano diritto)? 

Pieranna Pischedda    

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